Il bosco della Chianella

Il bosco nella preistoria

La frequentazione umana del territorio delle Pianelle è stata condizionata per lungo tempo dalla presenza di un ambiente selvaggio e dall’abbondanza di risorse quali: pascoli, acqua, selvaggina, legname per le costruzioni e da combustibile. L’inospitalità dell’ambiente ha condizionato le modalità di stanziamento, che ha mantenuto un carattere stagionale e provvisorio, forzando l’uso di molte grotte e ripari naturali presenti nella zona. È per questo motivo che le cavità carsiche contengono le più antiche tracce della storia del popolamento umano della Murgia tarantina: manufatti del Paleolitico medio e superiore accuratamente lavorati, resti faunistici appartenenti a specie ormai estinte, a testimonianza dello stanziamento di tribù nomadi dedite prevalentemente alla caccia, sino alla presenza di comunità umane risalenti all’Età Neolitica e dei Metalli. In questo periodo, la prossimità dei sentieri della transumanza, in particolare quello denominato “Tratturello Martinese”, consentì un’occupazione del territorio più capillare, che assunse sia la forma di frequentazioni cultuali in grotta, sia di veri e propri insediamenti con villaggi fortificati, come quello identificato a Piazza dei Lupi.

Il medioevo

Il Bosco delle Pianelle è indissolubilmente legato alla storia di Martina Franca, la cui nascita, intesa come comunità organizzata, risale al 15 gennaio 1317, quando Filippo I d’Angiò, figlio del Re di Napoli Carlo II, fu indotto a favorire l’insediamento in tale area, sino ad allora mai sistematicamente colonizzata, al fine di rafforzare i suoi possessi feudali nella zona. In precedenza, il 12 agosto 1310, era già stato emanato una particolare disposizione (privilegio) con la quale il casale veniva dichiarato demanio regio in perpetuo, mai cedibile a feudatari; con un altro “privilegio” dello stesso anno, venne assicurato agli abitanti di Martina il diritto di legnare (cogliere legna), pascere ed acquare (far mangiare e bere) i propri animali nei territori di Ostuni, di Mottola e di Massafra, senza pagamento di alcuna tassa. La concessione di questi “privilegi” richiamò molta gente dai paesi vicini. Il 15 aprile 1359, il nuovo principe di Taranto Roberto d’Angiò assegnò ai martinesi e al loro feudatario, Pietro del Tocco, un vastissimo territorio compreso fra il Canale delle Pile e l’Orimini, fra il Monte del Forno e Chiobbica, da destinare ad uso civico. Nel corso dei secoli il demanio comune subì numerose riduzioni a favore dei privati ed oggi il bosco delle Pianelle tutto ciò che resta degli antichi demani collettivi di Martina Franca.

Il brigantaggio postunitario

Nel bosco delle Pianelle, attraversando la gravina del Vuolo si arriva alla famosa caverna dove nel 1862, in una riunione segreta, il capobanda legittimista Pasquale Domenico Romano fu destinato al comando di una formazione di briganti composta da circa 200 uomini. Quella riunione fu uno dei momenti più rilevanti nella storia del brigantaggio pugliese. Erano presenti tutti i capibanda più famosi della zona: Cosimo Mazzeo di San Marzano detto “Pizzichicchio”, Rocco Chirichigno di Montescaglioso inteso “Coppolone” e che aveva combattuto agli ordini di Borjes, Giuseppe Valente di Carovigno detto “Nenna Nenna” ex sottufficiale delle forze garibaldine da cui aveva poi disertato per rissa, Giuseppe Nicola Laveneziana di Carovigno inteso “lu figghie du rre”, Antonio Lo Caso detto “lu caprare”, Antonio Testino detto semplicemente “il Caporale” per tale grado rivestito nel disciolto esercito borbonico. Il Romano guidando questi uomini condusse una vera e propria guerra contro le forze liberali. La storia di questo brigante rimane leggendaria. La sua sincera fede politica, unita al misticismo da cui era pervaso nei momenti di solitudine, fanno di quest’uomo una figura unica, che merita ancora oggi un’attenzione non comune.

Il bosco nel paesaggio agrario

Il Bosco delle Pianelle è stato sede di insediamenti umani finalizzati allo sfruttamento delle sue risorse forestali (come attestano le numerose calcinaie e carbonaie) e alla coltivazione dei suoi territori limitrofi. A testimonianza di questa opera di bonifica agraria vi sono: i trulli, emergenze architettoniche d’inestimabile valore paesaggistico, architettonico e storico; le masserie, che connotano la grande proprietà a vocazione cerealicolo-zootecnica dove si allevano la razza bovina podolica, i cavalli murgesi e l’asino di Martina Franca; i muretti a secco “pareti”, una delle componenti più suggestive del paesaggio agrario di tutta la Murgia; le fogge, antiche cisterne per la raccolta dell’acqua piovana.

Curiosità

Il toponimo originale “Bosco della Chianella” si ritrova nelle carte del brindisino Benedetto Marzolla pubblicate nell’ “Atlante corografico, storico e statistico del Regno delle Due Sicilie” (Napoli, 1854) così come nel precedente “Atlante geografico del Regno di Napoli”, redatto da Rizzi Zannoni fra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800.